Il Piano nazionale di ripresa e resilienza getta le basi strutturali per una crescita stabile e duratura dell’economia dell’Italia nei prossimi anni, attraverso riforme e investimenti strategici. Il ministero dello sviluppo economico ha centrato gli obiettivi fissati per il 2021, assegnando oltre 18 miliardi per l’attuazione degli investimenti nel 2021-2026. Soddisfatto il titolare del Mise Giancarlo Giorgetti. «È un segnale importante che mandiamo ai partner europei e ai mercati ma soprattutto alle realtà imprenditoriali, ai professionisti e lavoratori del nostro sistema produttivo che dimostra la serietà e competenza del percorso avviato con il governo Draghi». Si tratta di un primo passo che dovrà continuare a essere implementato e rafforzato. Tra i punti fondamentali, la riforma della proprietà industriale, avviata dal ministro il 24 giugno per promuovere e tutelare la proprietà intellettuale; l’operatività del “Fondo impresa donna” a sostegno dell’imprenditoria femminile (missione “Inclusione e coesione”) e l’entrata in vigore dei nuovi crediti d’imposta del Piano Transizione 4.0 (estensione platea delle imprese beneficiarie, durata del credito d’imposta su base biennale e tipologie di investimenti immateriali agevolabili). Con il lancio degli avvisi per le imprese a manifestare interesse per gli importanti progetti di comune interesse europeo (Ipcei) su microelettronica, idrogeno e cloud, il Mise promuove la collaborazione tra enti pubblici e privati per realizzare progetti nel campo della ricerca, sviluppo, innovazione e prima produzione industriale di larga scala che mirino a creare filiere europee in settori strategici.

 

 

Contratti di sviluppo per le filiere produttive

 

Di particolare importanza sono anche le riforme delle discipline dei Contratti di sviluppo e degli Accordi di innovazione, volute fortemente dal ministro Giorgetti per premiare i progetti d’investimento che, oltre a puntare sullo sviluppo industriale e la sostenibilità ambientale, si impegnano a tutelare i lavoratori di aree territoriali e aziende in crisi. Per favorire le filiere industriali strategiche il target è realizzare almeno 40 nuovi progetti d’investimento su tutto il territorio nazionale, attraverso lo strumento agevolativo dei Contratti di sviluppo nei settori: automotive, microelettronica e semiconduttori, metallo ed elettromeccanica, chimico-farmaceutico, turismo, design, moda e arredo, agroindustria e tutela ambientale. La dotazione finanziaria dei Contratti di sviluppo è di 750 milioni di euro (450 milioni stanziati nella legge di bilancio 2022, integrati con le risorse previste dal Pnrr). «Lo strumento dei Contratti di sviluppo – spiega il ministro – è stato ridisegnato proprio con l’obiettivo di agevolare progetti d’investimento che favoriscono la reindustrializzazione e la valorizzazione del nostro patrimonio industriale, incentivando programmi di ricerca e di trasferimento tecnologico che sono la chiave per vincere la sfida della transizione digitale e green. In quest’ottica, abbiamo anche voluto dare un segnale chiaro e concreto ai lavoratori coinvolti in aree territoriali e aziende in crisi, legando la concessione di incentivi agli impegni degli investitori ad assumerli».

 

La manovra e la reazione di Confindustria

 

Nella legge di bilancio 2022 sono state introdotte numerose misure per il consolidamento della ripresa del Paese. Dal sostegno alle imprese attraverso investimenti legati alla transizione digitale e green alle norme antidelocalizzazioni. In manovra sono stati inoltre rifinanziati il Bonus tv, con una nuova agevolazione in favore degli anziani over 70 che potranno ricevere a casa il decoder, la Nuova Sabatini, il Fondo di garanzia. Riformata anche la misura agevolativa Patent box, finanziato l’intervento per contrastare il rincaro delle bollette e istituito il fondo per la transizione industriale.  Mancano gli incentivi invocati dal Mise per l’automotive, tema che il governo affronterà al più presto nelle intenzioni di Giorgetti. Rinviata al 1 gennaio 2023 l’entrata in vigore della sugar e plastic tax. Negativo il parere sulla manovra del presidente di Confindustria Carlo Bonomi in un’intervista al Messaggero del 28 dicembre. «L’industria è stata dimenticata, messa da parte, anche se la nostra manifattura ha innescato la ripresa, creato lavoro, messo le basi per un nuovo impulso allo sviluppo». Per Bonomi «la manovra è un’occasione persa. Legge di bilancio e decreto fiscali non vanno nella giusta direzione. Manca qualcosa. La battaglia dei partiti impegnati ciascuno a mettere le proprie bandierine ha impedito un energico taglio contributivo del cuneo fiscale, mentre è venuto meno il patent box, i crediti alla ricerca, una maggiore spinta alla sburocratizzazione ed è stata depotenziata Industria 4.0». La priorità secondo il numero uno degli industriali è accompagnare il rimbalzo dell’economia mettendo a terra il Pnrr e procedendo con i  cambiamenti strutturali e questioni fondamentali come energia e fisco.

Per una crescita duratura

Uno dei rischi che l’Italia non può permettersi ora di correre è che l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica – il 24 gennaio si inizia con la prima votazione del Parlamento in seduta comune – rallenti la corsa del Paese. «Le incertezze politiche non si possono sommare alle altre che ci circondano, come la pandemia e il caro materie prime», ha ribadito Bonomi. Draghi resta il candidato più autorevole a succedere a Mattarella, nonostante i timori dei partiti sull’esito che l’ascesa al Quirinale del premier potrebbe avere sul destino dell’Esecutivo. Intanto il 2021 si chiude per il presidente del Consiglio con previsioni di crescita del 6 per cento per l’Italia e il raggiungimento di tutti i primi 51 obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tappa fondamentale per per presentare la domanda di pagamento della prima rata di rimborso, pari a 24,1 miliardi di euro. «L’Italia, le Regioni, i Comuni e il governo si muovono con determinazione e con forza. Il processo è lungo e complesso ma, allo stesso tempo, c’è da essere soddisfatti per ciò che è stato fatto quest’anno e soprattutto non c’è ragione di temere che non si possa fare bene anche in futuro», ha dichiarato Draghi. È fondamentale non adagiarsi ora e produrre un impegno quotidiano fino al 2026. La sfida principale resta quella di far aumentare il tasso di crescita di lungo periodo e risolvere le debolezze strutturali del nostro sistema Paese, a partire dalle diseguaglianze geografiche, di genere e generazionali.